Oggi voglio dare spazio al ricordo di un piccolo, grande uomo.
Il suo, come quello di tante altre persone, è un ricordo che non va rinchiuso in una scatola, deve essere tenuto vivo per migliorare, per andare avanti e per fare in modo che certe situazioni spariscano da un mondo che noi chiamiamo civilizzato.
Domenica pomeriggio stavo facendo la mia pennichella post pranzo sul divano.
Quando riapro gli occhi trovo in tv una Licia Colò in lacrime, commossa a parlare di un bambino.
Lui era Iqbal Masih.
Purtroppo ho visto solo la parte finale della trasmissione, ma la curiosità mi ha portata a cercare la storia di questo bambino.
.. ecco la sua storia..
Iqbal Masih nacque nel 1983. Già a quattro anni cominciò a lavorare in condizioni di schiavitù, dopo che il padre l'aveva venduto poiché la famiglia doveva pagare le spese matrimoniali del primogenito. Iqbal fu costretto a lavorare incatenato a un telaio per circa quattordici ore al giorno, al salario di 1 rupia al giorno, l'equivalente di 3 centesimi di euro attuali. Cercò parecchie volte di sfuggire al direttore della fabbrica, che lo puniva gettandolo in una sorta di pozzo nero quasi senza aria, che Iqbal chiamava "la tomba". In seguito si scoprì che, la prima volta che Iqbal cercò di scappare, il padrone corrompendo i poliziotti se lo fece restituire.
Un giorno del 1992 uscì di nascosto dalla fabbrica/prigione e partecipò, insieme ad altri bambini, ad una manifestazione del Fronte di Liberazione dal Lavoro Schiavizzato (BLLF in inglese). In quella manifestazione, che celebrava la «Giornata della Libertà», Iqbal decise spontaneamente di raccontare la sua storia e la condizione di sofferenza degli altri bambini nella fabbrica di tappeti in cui lavorava.
Gli avvocati del sindacato contribuirono a liberarlo dal lavoro minorile e il segretario del BLLF, Eshan Ullah Khan , lo indirizzò allo studio e all'attività in difesa dei diritti dei bambini.
Dal 1993 Iqbal cominciò così a tenere una serie di conferenze internazionali sensibilizzando l'opinione pubblica mondiale sui diritti negati ai bambini nel suo paese e contribuendo al dibattito sulla schiavitù mondiale e sui diritti internazionali dell'infanzia. Nel dicembre del 1994 ottenne un premio di 15.000 dollari sponsorizzato dall'azienda calzaturiera Reebok, con i quali Iqbal avrebbe voluto finanziare una scuola nel suo paese.
Ricevette una borsa di studio dall'Università Brandeis di Waltham, nel nord-est degli Stati Uniti, ma la rifiutò: aveva deciso di rimanere in Pakistan nella speranza di aiutare ancora i bambini del suo paese e rendere utile la propria esperienza. Continuò quindi a sfidare le continue intimidazioni dei fabbricanti di tappeti, che vedevano in Iqbal una minaccia.
Nel gennaio del 1995, partecipò a Lahore ad una conferenza contro la schiavitù dei bambini. Grazie a lui, circa tremila piccoli schiavi poterono uscire dal loro inferno: sotto la pressione internazionale, il governo pakistano chiuse decine di fabbriche di tappeti.
A causa del duro lavoro e dell'insufficienza di cibo, Iqbal non era cresciuto correttamente: all'età di 10 anni aveva già il volto di un vecchio e le mani rovinate per il lavoro ininterrotto cominciato dall'infanzia; a dodici anni pesava ed era alto come un bambino di sei.
Il 16 aprile del 1995, il giorno di Pasqua, Iqbal Masih venne assassinato mentre, nella sua città natale Muridke, nella zona di Chapa Kana, vicino a Lahore, si stava recando in bicicletta in chiesa (era Cattolico caldeo). Aveva 13 anni. Il processo che vide imputati gli esecutori materiali dell'omicidio non chiarì del tutto i dettagli della vicenda, sebbene apparve certo che il suo assassinio fosse opera di sicari della locale "mafia dei tappeti".
La polizia pakistana, molto probabilmente collusa con tale mafia, aveva scritto nella sua relazione: «l'assassinio deriva da una discussione tra un contadino ed Iqbal». Dei testimoni hanno però affermato di aver visto una macchina dai finestrini oscurati avvicinarsi a lui mentre era in bici e qualcuno al suo interno aprire il fuoco contro Iqbal.
Io questa storia non la conoscevo, l'ho messa qui per quelli che, come me, non hanno mai sentito parlare di questo bambino.
L'ho messa qui perchè mi sembra il minimo, dar voce a chi una voce non ha più ma l'ha usata per difendere tutti quei bambini trattati come schiavi, bambini a cui viene tolta l'innocenza dell'infanzia, bambini diventati grandi troppo infretta.
Pensare che tutto questo è stato fatto da un bambino mi fa rabbrividire.
Quale forza l'ha spinto? Un bambino solo, un bambino che non sapeva cosa volesse dire giocare e andare a scuola.
Io ho spesso a che fare con bambini della sua età.
Spesso li vedo spenti, viziati da un mondo che è pronto a dargli tutto, incapaci di stare con gli altri, casinisti e confusionari, pronti a protestare se non li ascolti per un attimo, vogliono primeggiare in tutto quanto, sono vere e proprie bombe caricate da una vita che li vede impegnati in mille e più cose.
Bambini schiavi del tutto.
E' vedendo loro che mi chiedo cosa sia scattato nella testa di Iqbal, un bambino che aveva in mano meno di niente.
Provo un'intensa ammirazione nei suoi confronti, ha trovato il coraggio che molti adulti potrebbero invidiargli, merito forse dell'incoscienza della sua età, lui semplicemente parlava e più parlava e più si rendeva conto di come un bambino dovrebbe vivere.
Tutto questo non l'ha fatto solo per lui ma anche per gli altri bambini che come lui sono costretti a una vita massacrante.
Il suo totale altruismo però l'ha reso un bersaglio facile. Il suo voler rimanere in mezzo agli altri bambini lo ha reso vittima di chi lo riteneva una voce scomoda.
Non riesco nemmeno a scrivere quello che provo rileggendo, ancora una volta, la sua storia.
Un misto tra ammirazione e rabbia .
Era solo un bambino, un piccolo e coraggioso bambino.
Avranno ucciso il suo corpo, ma la sua anima e la sua voce sono ancora vive e grazie a lui tanti altri bambini possono vivere in condizioni umane.
Il mio voleva solo essere un piccolo omaggio, il ricordo di un piccolo raggio di sole in mezzo alla nebbia che ci circonda.
"Non ho paura del mio padrone. Ora è lui ad aver paura di me"
''Gli unici strumenti che i bambini dovrebbero usare sono la penna e il libro: sono questi gli strumenti della libertà''
"Chi uccide un bambino spegne il sorriso di una fata"
(Iqbal Masih)
5 commenti:
Grazie, grazie infinite per questo tuo bellissimo post!!! ho conosciuto attraverso le tue parole questo piccolo grande bambino di cui prima non avevo mai sentito parlare.. e quindi ti ringrazio perché mi hai dato l'opportunità di conoscere una storia davvero importante. Mi sono commosso leggendo la sua storia.. hai proprio ragione, le sue parole e tutto ciò che ha fatto non moriranno mai!!
..è questo che mi fa rabbia...che non la conoscevi tu, come non la conoscevo io.....
Con tutte le porcate che ci fanno vedere in televisione è possibile che non si possa sapere cosa succede nel mondo?
Chissà quante storie ci sono come questa che noi non conosciamo.
già... il problema è che siamo sommersi da Tv spazzatura.. per cui se vogliamo scoprire qualcosa dobbiamo per forza informarci altrove!!!
Ricordo di avere letto alle medie "La storia di Iqbal", un libretto molto facile che il professore ci aveva consigliato di comprare.
Ma fino a quando non ho riletto la sua storia in questo post, mi ero completamente dimenticata della sua esistenza. Eppure ci sono cose molto meno inutili che ci ostiniamo a tenere in considerazione...
Peccato. Perché i VERI grandi uomini sono proprio persone come Iqbal.
Però come hai detto tu, chissà se faremo mai la loro conoscenza.
Bel blog :)
Veronica
Grazie Veronica per il tuo commento e per essere passata di qua... :)
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